Memorie brevi 01
Da bambino credevo che la primavera non avesse bisogno delle ombre, perché la luce di maggio era troppo bella per meritare di morire. Da bambino credevo che l'alba fosse quel momento della mattina in cui non avevo più sonno e mia madre mi stava aspettando in cucina con la ciotola di latte tra le mani. Non sapevo in che modo scorresse il tempo sui calendari, ma avevo imparato che la primavera arrivava quando il papà si sdraiava accanto alla finestra aperta della sua camera. Lo zio mi aveva regalato un orologio senza lancette dicendomi che con quello avrei potuto contare le ore che mi restavano per giocare; da allora i miei pomeriggi terminavano quando la fame cominciava a graffiarmi nello stomaco. Da bambino davo sempre le spalle al tramonto, correvo verso casa dalla parte opposta della luna. Da bambino, la notte, non riusciva mai a raggiungermi perché io avevo le gambe più lunghe e veloci delle sue ombre. Al riparo sotto le coperte, chiudevo gli occhi dolcemente, dimenticando che la notte sarebbe tornata anche domani. La nonna mi raccontava che le persone diventano grandi quando imparano a leggere il tempo e che gli orologi sono rotondi perché tutto ciò che inizia, finisce, e tutto ciò che è finito deve ricominciare. Capii di essere diventato grande quando, la notte, al riparo sotto le coperte, avevo già voglia di quella ciotola di latte stretta tra le mani di mia madre. I pomeriggi continuavano a morire dentro il mio stomaco, eppure non sentivo più il bisogno di saziare la mia fame.
La notte da queste parti arriva sempre alla stessa ora, i vecchi del paese lo hanno sempre saputo; la pelle appassita dei loro visi raccoglie tra le grinze delle guance i languori di tutti i tramonti passati. Chissà se quando sarò vecchio anch’io, mi ricorderò di avere fame al sorgere della luna.
Commenti
Posta un commento